domenica 2 aprile 2017

"L’OPERA D’ARTE E LA SUA COMPRENSIONE" Prof.ssa Leonarda Venuti Matteucci L’opera d’arte come impressione ed espressione del proprio io è l’ineguagliabile linguaggio assumente una dimensione universale, paritetico a tutti, diretto ed efficace. Quando l’opera è esposta diviene raggiungibile da chiunque e davanti a essa la suggestione di chi ne gode è inesorabile: l’opera d’arte come azione del suo creatore rende inevitabile la reazione del pubblico ad essa. L’operato artistico si rivela, per suo effetto diretto, a tutti coloro in preda ad un anormale quanto speciale stato di coscienza, l’estasi, svincolato dalla realtà e accompagnato ad un senso di rapimento. Cortese ai tolleranti e agli attenti, a coloro che sanno pazientare, è sprezzante nei riguardi dei frettolosi e superficiali. L’incontro con essa, non dissimilmente dall’incontro con le persone, rende necessario andare al di là della prima impressione: non sempre quello che “vediamo” corrisponde a quello che “crediamo” di vedere. L’artista come emittente produttivo esige un destinatario scevro, svincolato da ogni pregiudizio. Il canale, il mezzo fisico che permette a emittente e destinatario di entrare in contatto risulta così evidente, e l’osservazione meticolosa è la sua chiave di lettura. Per divenire un esperto osservatore è indispensabile esercitarsi ad analizzare, descrivere e riflettere su ciò che si vede. Osservare non è un’azione facile, istintiva, ma richiede intelligenza, conoscenza e sensibilità; operazione complicata durante la quale non usiamo solo gli occhi, ma anche la mente: noi guardiamo con i primi, ma percepiamo con la seconda. Le immagini, qualunque esse siano, parlano, comunicano, attraverso un linguaggio fatto prevalentemente di segni, forme, colori. Esistono tanti tipi di immagini con funzioni diverse. L’uomo, per comunicare, oltre al linguaggio verbale, si serve di linguaggi non verbali fondati sull’intero arco delle capacità percettive: messaggi olfattivi, tattili, uditivi, visivi. L’opera d’arte, forma eclettica, completa, si esprime e comunica con uno o più o anche con tutti questi linguaggi, sottraendoli alla normalità, alla usualità del banale ed elevandoli a strumenti creativi. E’ qui che entra in scena l’educazione visiva che insegna il saper vedere e osservare, unitamente all’acquisizione della capacità di discriminare, riconoscere, confrontare, memorizzare, ricostruire, rielaborare e produrre messaggi visivi, individuare le relative strutture e funzioni, e interpretarne i significati. I linguaggi visivi sono costituiti dall’organizzazione di un insieme di segni in immagini, e, come il linguaggio verbale, hanno un’organizzazione, delle regole e delle strutture, una grammatica e una sintassi. Le immagini si formano, come le parole, grazie alle aggregazioni di segni fondamentali corrispondenti alle lettere dell’alfabeto. La forma e la struttura delle immagini rispondono a norme e principi che possono definirsi come la grammatica del linguaggio visivo; mentre la loro composizione costituisce la sintassi. Gli elementi grammaticali possono essere il punto, la linea, la superficie, il volume, la luce, il colore; mentre le regole sintattiche sono quelle relative allo spazio, al movimento, al ritmo, al peso, all’equilibrio e alla simmetria. A seconda dell’elemento visivo dominante si parla di linguaggio grafico, quando prevale il segno, linguaggio pittorico quando prevale il colore, linguaggio plastico quando prevale il volume, linguaggio spaziale, quando prevale lo spazio o quando quest’ultimo ha comunque un ruolo determinante, come ad esempio nell’architettura. Quindi un prodotto artistico nella maggior parte dei casi non è altro che il risultato del modo in cui gli elementi del linguaggio visivo vengono utilizzati per esprimere qualcosa. Un’opera d’arte mostra le abilità, le tecniche e la creatività dell’autore, riflette la sua personalità, la sua cultura, e quella del periodo e del luogo in cui è stata realizzata. L’opera d’arte, come fonte di energia, colloquia, interagisce con l’osservatore; essa, come soggetto, è lo psicoanalista a cui l’osservatore dice il “vero”. L’opera ha funzioni polivalenti, istruisce, insegna, e allo stesso tempo è fonte di introspezione, è il mezzo conoscitivo del proprio io, davanti ad essa risultiamo “nudi”, sinceri, per quello che veramente siamo e vogliamo, ogni rimozione tende a essere annullata. Come attività essenzialmente mentale determina una reazione psicologica ed emotiva. Non tutti vediamo allo stesso modo: in casi come questi si parla di interpretazioni dissimili di una stessa entità artistica. Alcuni particolari, forme e colori vengono percepiti e ricordati più facilmente, perché l’attenzione di ognuno si concentra su ciò che più lo interessa. Il capire un’opera d’arte, sia essa antica, moderna o contemporanea, è un’azione difficile e audace, per il rischio di scadere in banali interpretazioni semplicizzanti o in un atto di presunzione nell’ affrettato mal giudicare. Il senso maggiormente stimolato dalle opere antiche, era la vista o tutt’al più il tatto. Nell’arte contemporanea vi è la tendenza a un coinvolgimento percettivo globale in quanto oltre alla vista e il tatto, reagiscono ad essa l’udito e l’olfatto. Tutti noi siamo potenzialmente degli artisti. Inventare significa creare con l’ausilio della fantasia; tutti noi possediamo la “creatività”, cioè la capacità di vedere e pensare la realtà in modo diverso dall’usuale e di poterla reinventare come una cosa nuova. La creatività non è solo istintiva, riservata a pochi eletti, ma aumenta con la conoscenza. Essa è l’espressione più profonda di noi stessi, è l’originalità vera, il superamento degli stereotipi. Inventare non vuol dire forgiare dal nulla; “l’invenzione innovativa”, consiste nel creare nuove immagini utilizzando immagini note, con accostamenti imprevisti. Ad un osservatore inesperto queste realizzazioni possono addirittura sembrare deformazioni dovute all’incapacità di riprodurre il vero. Frasi come “L’arte deve essere capita da tutti, altrimenti non è arte”, “Che bello, sembra vero”, “Che brutto, non si capisce cosa rappresenta” oppure “Questo lo so fare anch’io”, sono solo alcune delle frasi spesso ricorrenti, grossolani stereotipi usati nel giudicare un’opera d’arte. E’ in realtà opera d’arte “bella” quella che si distingue da quei quadri, spesso accatastati sulle bancarelle delle fiere o sotto i portici delle vie cittadine, improbabili scimmiottature di autori moderni e contemporanei, oppure raffiguranti occasionali mareggiate, funghi, pere, paesaggi o fiori, solitamente abbinati a cornici finto-antiche in similoro. Una paccottiglia che però piace alla gente dal momento che costa poco ed è semplice da capire, non richiede cultura e impegno. Si tratta in genere di opere dozzinali, fatte in serie e in poco tempo, di effetto appariscente, dal banale accostamento di innumerevoli colori vivaci, sufficienti allo spettatore impreparato che le giudica “opere d’arte”, anche “belle”; esse sono invece tecnicamente scadenti, stereotipate nell’immagine, non suggeriscono alcuna emozione, ben lontane dalla vera opera d’arte. L’opera d’arte, come la bellezza personale ed esclusiva, è unica, non ne può esistere una copia. Prof.ssa Leonarda Venuti Matteucci

mercoledì 11 maggio 2011

PALEOLIBERTARISMO & LIBERISMO PRIVATISTA

IL PALEOLIBERTARIO
di Alessandro Catanzano

" - Per la proprietà privata di ogni cosa, sasso, animale, che non sia un essere umano.
- Per la tradizione in ogni sua forma
- Per la libertà di circolazione su invito in un pianeta terra, oceani e mari compresi, completamente privato.
- Per il diritto privato e non per il diritto pubblico.
- Per la rivoluzione - nel senso astronomico del termine, cioè ritorno al punto di partenza - familiare, che riporti le famiglie, i clan, le libere associazioni al centro della società ed espella lo stato e il suo diritto corrotto e partigiano dalla vita degli uomini.
- Per l'assenza di persone che impongano tasse e diano e tolgano concessioni di servizi obbligatori detti pretestuosamente pubblici, con libertà assoluta di offerta in concorrenza da parte di imprenditori.
- Per la totale libertà di istruzione, non istruita da alcuno, ma da ciascuno scelta sul mercato.
- Per la totale libertà di mercato di ogni bene e servizio su base volontaria tra chi compra e chi vende.
- Per negare ogni tassa agli apparati militar-industriali
- Per la sanità totalmente privata e ad adesione volontaria
- Per meccanismi di assicurazione su base privata e volontaria
- Per l'espulsione dal pianeta di ogni forma di economia pianificata
- Per l'arte libera e il mecenatismo privato
- Per meccanismi pensionistici totalmente privati e volontari
- Per la giustizia privata, gli arbitrati, le composizioni delle controversie di fronte a giudici eletti dalle parti e a pagamento, disponibili sul mercato e apprezzati per la loro equità.
- Per l'abolizione delle banche centrali e l'emissione privata di moneta basata su oro, argento o ogni altra cosa monetata dagli uomini liberi e non a corso forzoso
- Per le elite naturali
- Per la proprietà privata di ogni mezzo di produzione e contro il possesso pubblico di ogni mezzo di produzione
- Contro ogni sovvenzione, ragionamento fiscale, incentivo statale, regolamentazione di settore, mediazione statale in economia
- Per la libera impresa privata in ogni sua forma
- Per il mercato nero
- Per ogni intermediario privato
- Per la divisione del lavoro e la specializzazione
- Per le scuole naturali in ogni disciplina
- Per ogni differenza e disegualianza su base volontaria
- Contro ogni libertà che snaturi l'uomo, i suoi comportamenti socialmente accettati, le sue tradizioni millenarie che cambiano solo per migliorare.
- Per ogni tradizione che è stata prima una novità che ha avuto successo."

Tratto da: http://peopleinarms.livejournal.com


DEMOCRAZIA TURNARIA - IDEE PER UN PROGRAMMA POLITICO MINIMO
di Filippo Matteucci

"TURNARIETA' DELLE CARICHE PUBBLICHE

Applicazione del metodo della democrazia turnaria alle cariche politiche
(soppressione delle elezioni, oggi pilotate tramite clientelismo, voto di scambio e socializzazione dei costi del consenso)

Applicazione del metodo della democrazia turnaria alle cariche dirigenziali
(soppressione dei concorsi pubblici farsa)

Applicazione del metodo della democrazia turnaria alla Giustizia e all'Ordine Pubblico
(soppressione dei magistrati di carriera e partecipazione di cittadini qualificati alla gestione e all'attuazione dell'Ordine Pubblico)

Per capire come funziona la democrazia turnaria leggere:
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=29320
http://democraziaturnaria.splinder.com/post/22156653/democrazia-turnaria
http://democraziaturnaria.splinder.com/post/22347025/la-democrazia-turnaria-e-impossibile-credici-e-vai-a-ballare


STATO MINIMO
MENO STATO, PIU' MERCATO

Meno stato, perche' lo stato non siamo noi, lo stato e' contro di noi. Lo stato non e' un soggetto, ma uno strumento delle famiglie padrone contro i ceti produttivi.
Piu' mercato, perche' il mercato siamo noi, tutti noi. E noi, il mercato, siamo IL BENE.
Le famiglie padrone, queste famiglie padrone, queste élite innaturali ben organizzate in sette, logge, cosche, e i loro stati, sono IL MALE.

Lo stato, visto come apparato predatorio e vessatorio, comodo strumento delle famiglie padrone contro il popolo, avrà competenze ridotte al minimo, limitate alla difesa dei confini da invasioni straniere, clandestini compresi, all'Ordine Pubblico, alla Giustizia Penale, ed eventualmente alla Sanità.
La riduzione dello strapotere dello stato si ottiene tramite:


RIVOLUZIONE FISCALE

DRASTICA DIMINUZIONE DELLA TASSAZIONE
Eliminazione delle imposte sul reddito, sostituite da una blanda imposta sul patrimonio (con deducibilità dell'inflazione dall'imponibile)
Eliminazione dei contributi previdenziali obbligatori
Eliminazione delle imposte sui trasferimenti immobiliari
Eliminazione delle imposte sul risparmio


DIMEZZAMENTO DELLA SPESA PUBBLICA
ottenibile in primo luogo tramite lo smantellamento dei due grandi baracconi statali: gli enti pubblici previdenziali e la pubblica istruzione.
Gli enti pubblici previdenziali vennero istituiti da Mussolini, un servo delle famiglie padrone della grande industria e della grande proprietà terriera, quindi non certo per il bene del popolo, ma per depredare i risparmi delle famiglie dei lavoratori, dei ceti produttivi.
La scuola di stato venne istituita non per l'elevazione del popolo ma unicamente in funzione anticristiana, per togliere alla chiesa il monopolio dell'educazione, e poter così instillare fin dall'infanzia nei figli del popolo relativismo e ateismo.


ADOZIONE DI UNA MONETA D’ORO O RIGIDAMENTE ANCORATA ALL’ORO
- a tutela dei risparmi delle famiglie contro la depredazione dei risparmi stessi effettuata dalle famiglie padrone tramite l’inflazione della carta moneta;
- per rendere possibile la mobilità sociale, oggi impedita dalla svalutazione dei risparmi accumulati.


RAFFORZAMENTO DELLE FAMIGLIE DEL POPOLO NEI CONFRONTI DELLO STATO

La famiglia, soggetto di diritti e di responsabilità, come centro dell'esistenza e strumento di forza degli individui e dei ceti produttivi, contro lo stato strumento delle famiglie padrone e dei ceti parassitari.
Divieto di intromissione dello stato nelle questioni familiari. Soppressione del giudice tutelare, sostituito da un consiglio di famiglia.
Responsabilità familiare, penale e civile, del coniuge e dei parenti in linea retta di primo grado.


QUALITA' DELLA VITA E VIVIBILITA' DELLE CITTA'

ORDINE PUBBLICO DI QUARTIERE
Libero porto d'armi per la difesa contro chiunque della propria famiglia e della proprietà privata.
Normativa antisbandati e antimovida, forte aggravamento di pena per il disturbo al riposo delle persone e l'ubriachezza molesta, divieto di inquinamento acustico, unificazione dei vari corpi delle forze dell'ordine in un'unica arma, ausiliato da ronde volontarie di cittadini.
Divieto di prostituzione in strada, riapertura delle case chiuse con obbligo di gestione cooperativa da parte delle stesse prostitute.
Workhouse coatte per i cittadini degradatisi a clochard o ad accattoni.

ORDINE PUBBLICO STRADALE
Per la guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacienti: ritiro pluriennale o perpetuo della patente, condanna per lesioni o omicidio dolosi.


LIBERALIZZAZIONE DEGLI STUPEFACIENTI
Per togliere ogni possibilità di profitto alle famiglie padrone delle organizzazioni criminali, liberalizzazione di produzione, commercio e uso privato degli stupefacienti.
Pene severissime, con ritiro pluriennale o perpetuo della patente, per lo stato di alterazione da stupefacienti e di ubriachezza in luogo pubblico.


PROBITA' NELLE RELAZIONI SOCIALI E NEI COMMERCI
Reato di falso in bilancio con pene severissime e interdizione perpetua dai commerci.
Eliminazione dei principi generali del favor rei (interpretazioni della legge favorevoli al delinquente) e del favor debitoris (interpretazioni della legge favorevoli al debitore che non paga i suoi debiti).
Tutela creditoria efficace con immediato spossessamento dei beni del debitore insolvente e loro vendita in unica asta in tempi brevissimi.
Sostituzione per quanto possibile della giustizia pubblica civile con arbitrati privati."

Tratto da : http://democraziaturnaria.splinder.com/

martedì 2 febbraio 2010

COS'E' IL PRIVATISMO

LE VECCHIE DEFINIZIONI

Privatism is a generic term describing any belief that people have a right to the private ownership of certain things. There are many degrees of privatism, from the advocacy of limited private property over specific kinds of items to the advocacy of unrestricted private property over everything.
In Sociology, privatism is the concern with or pursuit of one's personal or family interests, welfare, or ideals to the exclusion of broader social issues or relationships. It has been argued that privatism is on the increase in wealthy western societies.(Wikipedia)

"[...] Il "turbocapitalismo" non si limita a comprimere il settore pubblico. Lo invade. La controffensiva capitalistica, verso la fine degli anni Settanta, si annuncia sotto il segno non solo dello Stato minimo, ma di un settore pubblico radicalmente mercatizzato. [...] Ma l'offensiva va molto più in là. Dopo aver smantellato le strutture dello Stato dirigista, essa investe direttamente le roccaforti dello Stato del benessere: la previdenza sociale, la sanità, l'istruzione pubblica.
Tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta l'assalto è stato particolarmente virulento sulle due sponde dell'Atlantico, sotto la guida di Margaret Thatcher e di Ronald Reagan. Ma non si trattava di un'offensiva improvvisa e impreparata.
Sul piano teorico, anzitutto, essa era stata preceduta da un lavoro scientifico e culturale di alta classe. I nomi più noti sono quelli di Frederik von Hayek e di Milton Friedman. Ma forse la più significativa e radicale avanguardia della nuova destra è stata la scuola americana delle scelte collettive. La sua culla è l'Università di Blackburg, in Virginia. Sulla traccia di precursori come Down e Olson, un gruppo di giovani e meno giovani economisti americani vi ha sviluppato una ricca, coerente e rigorosa rivalutazione dell'individualismo economico. I suoi presupposti sono: una concezione secondo la quale la società non esiste come soggetto (la signora Thatcher espresse poi questo concetto nei suoi consueti termini icastici: "la società? non esiste"), ma solo come aggregato di individui e come somma di interessi individuali; e un radicale economicismo, secondo il quale il comportamento degli uomini è regolato dal principio della massimizzazione: l'uomo è un essere economico e massimizzante.

L'offensiva contro il welfare state
Qui non è il caso di ripercorrerne, neppure brevemente i lineamenti. Ma solo di rilevare come dai semi di quelle premesse "riduzionistiche" sia nata una ideologia combattiva, rigorosa e pericolosa: il privatismo. Rigorosa, perché essa muove da una critica serrata dei fallimenti dello Stato (in particolare, della non neutralità della burocrazia e della classe politica democratica, portatrici entrambe di conflitti di interesse) e da un brillante tentativo di correggere i fallimenti del mercato, onestamente riconosciuti, non con la sua limitazione, ma con la sua estensione. Gli squilibri tra produzione di beni pubblici e produzione di beni privati infatti, secondo questa concezione, non si riducono restringendo l'area del mercato, ma allargandola. Le diseconomie esterne, i costi sociali causati dal mercato, il mercato stesso può assorbirli. Se si vuole esprimere il concetto in una forma caricaturale ma non disonesta si può dire che i guasti del mercato possono essere comprati e venduti (i rifiuti, per esempio, possono essere smaltiti in un mercato dei rifiuti).
Si tratta però di una concezione pericolosa perché, come molti hanno argomentato (Hirschman, soprattutto) essa ignora la fondamentale differenza tra la logica del mercato - una logica negativa, fondata sulla libertà della defezione, dell'exit - che non permette di cogliere le interdipendenze delle relazioni sociali - e la logica politica, che sa gestirle attraverso la partecipazione democratica. Il pericolo sta appunto nella perdita dell'interdipendenza, che costituisce la vera ricchezza della società. Questa perdita disorganizza la società, pretendendo di ridurre a preferenze individuali sommabili quelle preferenze collettive che si formano solo attraverso il confronto pubblico, la discussione aperta e - solo in ultima analisi - la votazione. [...]
Questa ideologia però - ed è il punto più importante - non era soltanto il frutto di un astratto lavoro teorico. Lo stesso lavoro teorico esprimeva, razionalizzandole, ragioni e passioni che andavano maturando rapidamente e concretamente nel corpo della società. Il privatismo è infatti una corrente di massa, alimentata dalla dissoluzione dei vecchi blocchi sociali formatisi nella società industriale, sotto le nuove spinte della mondializzazione e della ristrutturazione produttiva. Allentatisi i vincoli determinati dalle tecniche (come l'organizzazione fordista), dalle strutture di classe (come il proletariato), dalle obbedienze ideologiche (come il comunismo) una società in crescita economica ha generato una poderosa domanda di promozione, di autonomia, di "libertà di scegliere" individualmente. L'esplosione delle diseguaglianze ha scompigliato la classe media del grande consenso, una parte consistente della quale ha cominciato a cercare fuori della protezione dello Stato le occasioni della sua promozione sociale. Il mercato era l'istituzione più vicina e disponibile ad intercettare questa formidabile domanda. Il privatismo si è dunque identificato con il mercatismo ed è subito diventato antistatalista. Lo Stato, indebolito dalla mondializzazione e pressato dalle esigenze di equilibrio finanziario, è apparso sempre più come "prenditore" che come "erogatore": dunque, come ostacolo alle istanze di promozione. La sinistra riformista e socialdemocratica, legata tradizionalmente alla funzione regolatrice e redistributrice dello Stato, ha subìto il primo contraccolpo politico di questa nuova "grande trasformazione" sociale.
[...] Ma la spinta propulsiva del privatismo non è affatto esaurita. Dappertutto, la nuova destra privatista e liberista è all'offensiva. E dappertutto la sinistra è sulla difensiva. Essa non dispone infatti di una sua visione autentica, di una sua alternativa costruttiva al privatismo, se per alternativa non si intendono le esortazioni a non esagerare, ma un concreto modello di organizzazione sociale. [...] Anche dal punto di vista culturale, la sinistra riformista gioca di rimessa, accettando talvolta, con patetico mimetismo manageriale, le filosofie privatistiche in salsa sociale, e rinunciando a una propria iniziativa progettuale fondata sui suoi valori e sui suoi principi.
Ora, una resistenza essenzialmente passiva non dura a lungo. Senza un'alternativa che dia una risposta positiva ed efficace alle nuove istanze di autonomia individuale, ristabilendo però nuove regole di coesione sociale, quella offensiva riprenderà con rinnovata forza, portando in avanti un processo di dissoluzione della società civile che è già cominciato. (Giorgio Ruffolo)



EVOLUZIONE: ECONOMIA PRIVATISTA, LIBERISMO PRIVATISTA E DEMOCRAZIA DIRETTA TURNARIA

Il superamento della contrapposizione tra destra e sinistra, obsoleta e inutile per il popolo, è un nuovo liberismo marcatamente privatista, regolato tramite forme evolute di democrazia diretta.

PRIVATISMO
Corrente di pensiero che basa l’analisi delle interazioni umane e sociali sui principi dell’Etologia, e in particolare sul rapporto dominante - dominato.
Il Privatismo considera tale rapporto dominante – dominato insopprimibile e finalizzato alla lotta per la miglior vita e per la migliore sopravvivenza della specie.

Per il Privatismo sono quindi illusorie e intrinsecamente false le ideologie che promettono libertà, uguaglianza, fraternità, solidarietà; tali ideologie formali vengono identificate come strumenti usati da dominanti di bassa qualità per sostituirsi a dominanti meno scadenti e per ingannare i dominati.

Il Privatismo, rigettando l’intera cultura del Novecento vista come regresso di civiltà, puntualizza il suo appartenere al XXI Secolo.


La Teoria Privatista viene applicata in tutti i campi dell’interazione umana.

Nella Sociologia, il Privatismo mette al centro dell’analisi non il singolo individuo ma la famiglia, della quale l’individuo è mero prodotto. Riconosce alle famiglie di dominanti una identità culturale dinastica, un modello educativo ereditario che fornisce ai singoli appartenenti buona parte della capacità di dominio. Le famiglie che compongono qualsiasi società sono quindi naturalmente e necessariamente divise in famiglie di padroni e famiglie di servi.

Nella Politica, il Privatismo mira a svelare l’essenza del potere, il suo crearsi e il suo mantenersi usando forme di controllo autentiche e manifeste oppure subdole e mascherate, e giudica la qualità del dominante – governante. In particolare distingue i dominanti spontaneamente riconosciuti da quelli che s’impongono con la forza bruta e/o con l’inganno. Ritiene autentica solo la democrazia diretta, turnaria e collegiale, e definisce formali le democrazie delegate elettive, comode e illusorie maschere di tirannie oligarchiche.

In Economia, il Privatismo vede la realtà economica non più marxisticamente come struttura della società, ma come conseguenza dei rapporti di potere. In particolare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo oggi si realizza non attraverso il mercato del lavoro, ma attraverso lo stato, visto come apparato predatorio e clientelare creato dalle famiglie dei dominanti per esercitare comodamente e perpetuare il loro potere.

Nella Cultura il Privatismo combatte le culture formali che mirano a nascondere consolatoriamente i reali rapporti di potere, di dominio, rimovendo dal pensiero cosciente il fatto reale per cui chi per natura è intrinsecamente meglio attrezzato per la miglior sopravvivenza è destinato a dominare.

Nell’Arte il Privatismo vede come funzione dell’Arte la magnificazione di quanto c’è di meglio nell’avventura umana su questa Terra, ritenendo irrilevanti i travagli, le angosce, le esperienze, la psicologia e l’esistenza stessa dell’artista.