martedì 2 febbraio 2010

COS'E' IL PRIVATISMO

LE VECCHIE DEFINIZIONI

Privatism is a generic term describing any belief that people have a right to the private ownership of certain things. There are many degrees of privatism, from the advocacy of limited private property over specific kinds of items to the advocacy of unrestricted private property over everything.
In Sociology, privatism is the concern with or pursuit of one's personal or family interests, welfare, or ideals to the exclusion of broader social issues or relationships. It has been argued that privatism is on the increase in wealthy western societies.(Wikipedia)

"[...] Il "turbocapitalismo" non si limita a comprimere il settore pubblico. Lo invade. La controffensiva capitalistica, verso la fine degli anni Settanta, si annuncia sotto il segno non solo dello Stato minimo, ma di un settore pubblico radicalmente mercatizzato. [...] Ma l'offensiva va molto più in là. Dopo aver smantellato le strutture dello Stato dirigista, essa investe direttamente le roccaforti dello Stato del benessere: la previdenza sociale, la sanità, l'istruzione pubblica.
Tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta l'assalto è stato particolarmente virulento sulle due sponde dell'Atlantico, sotto la guida di Margaret Thatcher e di Ronald Reagan. Ma non si trattava di un'offensiva improvvisa e impreparata.
Sul piano teorico, anzitutto, essa era stata preceduta da un lavoro scientifico e culturale di alta classe. I nomi più noti sono quelli di Frederik von Hayek e di Milton Friedman. Ma forse la più significativa e radicale avanguardia della nuova destra è stata la scuola americana delle scelte collettive. La sua culla è l'Università di Blackburg, in Virginia. Sulla traccia di precursori come Down e Olson, un gruppo di giovani e meno giovani economisti americani vi ha sviluppato una ricca, coerente e rigorosa rivalutazione dell'individualismo economico. I suoi presupposti sono: una concezione secondo la quale la società non esiste come soggetto (la signora Thatcher espresse poi questo concetto nei suoi consueti termini icastici: "la società? non esiste"), ma solo come aggregato di individui e come somma di interessi individuali; e un radicale economicismo, secondo il quale il comportamento degli uomini è regolato dal principio della massimizzazione: l'uomo è un essere economico e massimizzante.

L'offensiva contro il welfare state
Qui non è il caso di ripercorrerne, neppure brevemente i lineamenti. Ma solo di rilevare come dai semi di quelle premesse "riduzionistiche" sia nata una ideologia combattiva, rigorosa e pericolosa: il privatismo. Rigorosa, perché essa muove da una critica serrata dei fallimenti dello Stato (in particolare, della non neutralità della burocrazia e della classe politica democratica, portatrici entrambe di conflitti di interesse) e da un brillante tentativo di correggere i fallimenti del mercato, onestamente riconosciuti, non con la sua limitazione, ma con la sua estensione. Gli squilibri tra produzione di beni pubblici e produzione di beni privati infatti, secondo questa concezione, non si riducono restringendo l'area del mercato, ma allargandola. Le diseconomie esterne, i costi sociali causati dal mercato, il mercato stesso può assorbirli. Se si vuole esprimere il concetto in una forma caricaturale ma non disonesta si può dire che i guasti del mercato possono essere comprati e venduti (i rifiuti, per esempio, possono essere smaltiti in un mercato dei rifiuti).
Si tratta però di una concezione pericolosa perché, come molti hanno argomentato (Hirschman, soprattutto) essa ignora la fondamentale differenza tra la logica del mercato - una logica negativa, fondata sulla libertà della defezione, dell'exit - che non permette di cogliere le interdipendenze delle relazioni sociali - e la logica politica, che sa gestirle attraverso la partecipazione democratica. Il pericolo sta appunto nella perdita dell'interdipendenza, che costituisce la vera ricchezza della società. Questa perdita disorganizza la società, pretendendo di ridurre a preferenze individuali sommabili quelle preferenze collettive che si formano solo attraverso il confronto pubblico, la discussione aperta e - solo in ultima analisi - la votazione. [...]
Questa ideologia però - ed è il punto più importante - non era soltanto il frutto di un astratto lavoro teorico. Lo stesso lavoro teorico esprimeva, razionalizzandole, ragioni e passioni che andavano maturando rapidamente e concretamente nel corpo della società. Il privatismo è infatti una corrente di massa, alimentata dalla dissoluzione dei vecchi blocchi sociali formatisi nella società industriale, sotto le nuove spinte della mondializzazione e della ristrutturazione produttiva. Allentatisi i vincoli determinati dalle tecniche (come l'organizzazione fordista), dalle strutture di classe (come il proletariato), dalle obbedienze ideologiche (come il comunismo) una società in crescita economica ha generato una poderosa domanda di promozione, di autonomia, di "libertà di scegliere" individualmente. L'esplosione delle diseguaglianze ha scompigliato la classe media del grande consenso, una parte consistente della quale ha cominciato a cercare fuori della protezione dello Stato le occasioni della sua promozione sociale. Il mercato era l'istituzione più vicina e disponibile ad intercettare questa formidabile domanda. Il privatismo si è dunque identificato con il mercatismo ed è subito diventato antistatalista. Lo Stato, indebolito dalla mondializzazione e pressato dalle esigenze di equilibrio finanziario, è apparso sempre più come "prenditore" che come "erogatore": dunque, come ostacolo alle istanze di promozione. La sinistra riformista e socialdemocratica, legata tradizionalmente alla funzione regolatrice e redistributrice dello Stato, ha subìto il primo contraccolpo politico di questa nuova "grande trasformazione" sociale.
[...] Ma la spinta propulsiva del privatismo non è affatto esaurita. Dappertutto, la nuova destra privatista e liberista è all'offensiva. E dappertutto la sinistra è sulla difensiva. Essa non dispone infatti di una sua visione autentica, di una sua alternativa costruttiva al privatismo, se per alternativa non si intendono le esortazioni a non esagerare, ma un concreto modello di organizzazione sociale. [...] Anche dal punto di vista culturale, la sinistra riformista gioca di rimessa, accettando talvolta, con patetico mimetismo manageriale, le filosofie privatistiche in salsa sociale, e rinunciando a una propria iniziativa progettuale fondata sui suoi valori e sui suoi principi.
Ora, una resistenza essenzialmente passiva non dura a lungo. Senza un'alternativa che dia una risposta positiva ed efficace alle nuove istanze di autonomia individuale, ristabilendo però nuove regole di coesione sociale, quella offensiva riprenderà con rinnovata forza, portando in avanti un processo di dissoluzione della società civile che è già cominciato. (Giorgio Ruffolo)



EVOLUZIONE: ECONOMIA PRIVATISTA, LIBERISMO PRIVATISTA E DEMOCRAZIA DIRETTA TURNARIA

Il superamento della contrapposizione tra destra e sinistra, obsoleta e inutile per il popolo, è un nuovo liberismo marcatamente privatista, regolato tramite forme evolute di democrazia diretta.

PRIVATISMO
Corrente di pensiero che basa l’analisi delle interazioni umane e sociali sui principi dell’Etologia, e in particolare sul rapporto dominante - dominato.
Il Privatismo considera tale rapporto dominante – dominato insopprimibile e finalizzato alla lotta per la miglior vita e per la migliore sopravvivenza della specie.

Per il Privatismo sono quindi illusorie e intrinsecamente false le ideologie che promettono libertà, uguaglianza, fraternità, solidarietà; tali ideologie formali vengono identificate come strumenti usati da dominanti di bassa qualità per sostituirsi a dominanti meno scadenti e per ingannare i dominati.

Il Privatismo, rigettando l’intera cultura del Novecento vista come regresso di civiltà, puntualizza il suo appartenere al XXI Secolo.


La Teoria Privatista viene applicata in tutti i campi dell’interazione umana.

Nella Sociologia, il Privatismo mette al centro dell’analisi non il singolo individuo ma la famiglia, della quale l’individuo è mero prodotto. Riconosce alle famiglie di dominanti una identità culturale dinastica, un modello educativo ereditario che fornisce ai singoli appartenenti buona parte della capacità di dominio. Le famiglie che compongono qualsiasi società sono quindi naturalmente e necessariamente divise in famiglie di padroni e famiglie di servi.

Nella Politica, il Privatismo mira a svelare l’essenza del potere, il suo crearsi e il suo mantenersi usando forme di controllo autentiche e manifeste oppure subdole e mascherate, e giudica la qualità del dominante – governante. In particolare distingue i dominanti spontaneamente riconosciuti da quelli che s’impongono con la forza bruta e/o con l’inganno. Ritiene autentica solo la democrazia diretta, turnaria e collegiale, e definisce formali le democrazie delegate elettive, comode e illusorie maschere di tirannie oligarchiche.

In Economia, il Privatismo vede la realtà economica non più marxisticamente come struttura della società, ma come conseguenza dei rapporti di potere. In particolare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo oggi si realizza non attraverso il mercato del lavoro, ma attraverso lo stato, visto come apparato predatorio e clientelare creato dalle famiglie dei dominanti per esercitare comodamente e perpetuare il loro potere.

Nella Cultura il Privatismo combatte le culture formali che mirano a nascondere consolatoriamente i reali rapporti di potere, di dominio, rimovendo dal pensiero cosciente il fatto reale per cui chi per natura è intrinsecamente meglio attrezzato per la miglior sopravvivenza è destinato a dominare.

Nell’Arte il Privatismo vede come funzione dell’Arte la magnificazione di quanto c’è di meglio nell’avventura umana su questa Terra, ritenendo irrilevanti i travagli, le angosce, le esperienze, la psicologia e l’esistenza stessa dell’artista.